Disturbi dell’Alimentazione (Bulimia, Anoressia, Alimentazione compulsiva)
I disturbi della alimentazione costituiscono un gruppo di affezioni particolarmente problematiche, sia a causa dell’ancora insoddisfacente approccio terapeutico, che per il preoccupante rischio di mortalità che ancora si registra, soprattutto in merito alla anoressia. Oltre a ciò occorre sottolineare che le ricerche epidemiologiche dimostrano un costante aumento della incidenza nei paesi industrializzati di queste patologie. Nell’ambito dei disturbi della alimentazione, lsono descritte e seguenti, principali categorie diagnostiche:
- bulimia nervosa
- disturbo dell’alimentazione caratterizzato unicamente da abbuffate (binge eating disorders)
- anoressia
I disturbi della alimentazione incidono prevalentemente nel sesso femminile, ma non esclusivamente. Di recente bulimia ed anoressia cominciano ad osservarsi anche negli uomini e ho avuto modo di seguire alcuni pazienti di sesso maschile afflitti da tali patologie. Nel proseguo della trattazione per brevità, mi riferirò ai pazienti usando il genere maschile.
Bulimia
Si caratterizza soprattutto per la presenza contemporanea di abbuffate e di provvedimenti tendenti a limitare i rischi di incremento di peso, quali vomito autoindotto, assunzione di lassativi, di diuretici o la pratica eccessiva dell’esercizio fisico. Il senso di sé è profondamente influenzato da un drastico giudizio negativo sulla forma ed il peso corporeo. Sono descritti due sottotipi. Il primo è caratterizzato dalla presenza del vomito autoindotto, il secondo si connota per il fatto che tale condotta non è presente, ma prevale, piuttosto lo svolgimento di attività fisiche eccessive.
Disturbo dell’alimentazione caratterizzato unicamente da abbuffate o da alimentazione continua compulsiva ed eccessiva (binge eating disorder). Appare simile alla bulimia ma se ne differenzia per il fatto che non si registrano comportamenti tendenti a limitare le conseguenze delle abbuffate. La maggior parte dei pazienti affetti da B.E.D. sono in sovrappeso. L’approccio terapeutico è molto simile a quello che si attua nella bulimia nervosa.
Anoressia nervosa
Sono presenti il rifiuto di mantenere il proprio peso sul livello dei parametri considerati normali per la propria complessione fisica, associato ad una ossessionante paura di aumentare di peso e divenire “grassi”. Anche nel caso dell’anoressia mentale sono descritte due varianti. La prima è caratterizzata prevalentemente dalla restrizione dell’apporto alimentare, la seconda è contraddistinta dalla presenza anche di episodi di abbuffate e, successivamente, di vomito autoindotto, ovvero di assunzione di lassativi e diuretici.
Una serie di studi epidemiologici ha dimostrato che l’incidenza della anoressia nervosa è aumentata sistematicamente in Occidente, a partire dagli anni Cinquanta, così come la bulimia appare in costante incremento a partire dagli anni Ottanta .Alcuni Autori sono giunti a considerare i disturbi della alimentazione come: “sindromi legate alla cultura”, più in particolare, correlate alla cultura contemporanea dei paesi industrializzati. Gli elementi critici che avrebbero influito nel determinare l’incremento della incidenza di queste patologie sarebbero individuabili nelle seguenti topiche:
- grande disponibilità di cibo
- pressione al consumo di alimenti ipercalorici, in porzioni eccessive e in circostanze sempre più frequenti: Tale pesante pressione psicologica scaturisce dalle campagne di marketing, sempre più diffuse e capillari, dei produttori di alimenti, in particolare di dolciumi, snack e soft drinks.
- utilizzazione del comportamento alimentare al fine di modulare, non già il sistema biologico della alimentazione, bensì quello delle emozioni.
- eccessiva enfasi sulla necessità, ai fini di una possibile positiva immagine di sé, della snellezza e bellezza del corpo.
Un ruolo importante, nella dinamica di queste affezioni, sembra essere giocato da un medium potente e pervasivo, quale la televisione, alla cui influenza i bambini, i fanciulli egli adolescenti sono esposti in termini sempre più massicci, negli ultimi decenni. Una prova della influenza dei fattori culturali, legati alla società dei consumi di tipo occidentale, nel determinismo dell’incremento della incidenza dei disturbi della alimentazione, può essere individuata nella bassissima incidenza di queste affezioni nelle nazioni dell’Europa Orientale nel periodo comunista e l’incremento impressionante di tali patologie, parallelo alla progressiva assunzione degli stili di vita tipici delle Nazioni della Europa Occidentale e degli Stati Uniti, dopo la caduta dei regimi comunisti.
In ambito cognitivo e comportamentale, un modello della patogenesi e della psicopatologia di queste affezioni è stato elaborato, negli anni Ottanta, a partire dalla concezione che una serie di distorsioni cognitive siano alla base di queste patologie. Tali distorsioni cognitive riguarderebbero soprattutto la forma corporea e il peso. Così Fairnburg afferma che l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa sono sostanzialmente disturbi cognitivi.
L’aspetto cruciale di queste patologie, secondo l’ottica cognitiva, proposta da Fairburn, sarebbe individuabile nel fatto che, di norma, il senso di autostima scaturisce da una serie di variabili e di competenze in aree differenti, mentre, nel caso dei disturbi della alimentazione, il senso di autostima si legherebbe progressivamente ed esclusivamente alla conformazione ed al peso corporeo.
Quindi, nell’ottica cognitiva, si è parlato della presenza, nelle persone, afflitte da questa tipologia di disturbi, di schemi idiosincratici relativi al peso ed alla forma corporei che sarebbero alla base della organizzazione del Sé.
Tali schemi idiosincratici sarebbero correlati, più in generale, a schemi disfunzionali, concernenti l’autostima che sarebbe sempre problematica in questi pazienti.
Da un punto di vista della condotta alimentare e, quindi, del livello comportamentale, è stato sottolineato che una aspetto cruciale di queste patologie consiste nel dover imporre alla condotta alimentare un serie di regole rigide e stereotipate, piuttosto che seguire la regolazione fisiologica, fondata sul naturale senso di appetito e di sazietà.
In questi pazienti si determina una progressiva incapacità di avvertire i segnali propriocettivi della fame e della sazietà e, quindi, di seguire la regolazione naturale della condotta alimentare.
In sostanza, progressivamente, una nuova forma di gestione della condotta alimentare, connessa alla sfera cognitiva cosciente, si sostituisce ai processi naturali, appannaggio delle sfera biologica e motivazionale. Tale fattore può essere messo in relazione con il perfezionismo e la rigidità della struttura personologica dei pazienti che contraggono questi disturbi.
Essi tendono progressivamente a restringere l’esperienza emozionale e a dilatare quella del controllo cosciente della condotta alimentare e anche di quella sessuale che infatti viene progressivamente ristretta fino, talvolta, all’evitamento assoluto.
Una aspetto cognitivo, tipico dei pazienti afflitti da disturbi della condotta alimentare, sarebbe individuabile, secondo Fairburn, nel pensiero dicotomico. Secondo tali modalità di giudizio, o si è magri o si è obesi, e inaccettabilmente grassi, mentre non può esistere una serie di condizioni intermedie.
Fairburn ha descritto un certo numero di pattern cognitivi e comportamentali che alimentano e mantengono una serie di circoli viziosi i quali sarebbero, secondo la sua concettualizzazione, alla base della psicopatologia dei disturbi della alimentazione.
Nell’ambito di tale schemi, l’aspetto centrale sarebbe costituito dalle eccessive preoccupazioni per la forma ed il peso corporeo. Da esse scaturirebbe la tendenza alla restrizione alimentare e la attuazione di comportamenti quali il vomito auto-indotto o l’uso di purganti o l’eccesso di pratica fisica.
L’abbuffata, secondo Fairburn, non deve essere concettualizzata come una conseguenza diretta della disfunzione cognitiva di base, riconducibile alle eccessive preoccupazione per la forma ed il peso corporei. L’Autore inglese suggerisce invece, l’ipotesi che l’abbuffata sia una conseguenza della continua restrizione alimentare.
Quando questi pazienti non riescono più a controllare la strettissima restrizione alimentare a cui si sottopongono, allora perdono completamente il controllo, cadendo nell’eccesso opposto della abbuffata in ciò adeguandosi anche alle loro attitudine al pensiero dicotomico.
L’abbuffata è, di solito, facilitata dalla presenza di uno stato d’animo, negativo quasi sempre di tristezza o di ansia. L’abbuffata provoca una effetto bifasico. Nell’immediato produce un senso di rilassamento ma, successivamente, alimenta i sensi di colpa e la preoccupazione per l’aumento di peso. Ciò comporta l’immediata ripresa delle restrizioni alimentari. In tal modo si costruisce, alimenta e mantiene un vero e proprio circolo vizioso. La restrizione alimentare provoca le abbuffate, le abbuffate alimentano le restrizioni alimentari.
Un secondo circolo vizioso, descritto da Fairburn, è quello che si attiva quando il paziente scopre progressivamente il vomito autoindotto o l’impiego di lassativi. Queste nuove modalità, che vengono progressivamente apprese, e sempre più massicciamente praticate, tendono a neutralizzare, almeno nelle convinzioni dei pazienti, gli effetti negativi delle abbuffate sul peso corporeo. Ciò tende a rendere sempre più frequenti le abbuffate.
D’altra parte, il ricorso al vomito autoindotto o all’uso di lassativi o diuretici, provoca, dal punto di vista cognitivo, una ulteriore compromissione dell’autostima, alimentando la distorsione cognitiva di base relativa alla valutazione negativa di sé. La concettualizzazione di Fairburn appare efficace nel descrivere la dinamica di alcuni aspetti della sintomatologia dei disturbi della alimentazione, soprattutto ai fini della pianificazione di interventi terapeutici di tipo comportamentale e cognitivo.
Il modello, elaborato da Fairburn, appare, comunque, a mio parere, lacunoso, sia a livello descrittivo, che esplicativo. Dal punto di vista descrittivo, omette infatti di prendere in considerazione la dimensione relazionale e, in particolare, familiare, che pertanto resta sostanzialmente esclusa dalla pianificazione dell’intervento terapeutico e ciò costituisce, a mio avviso, un errore, ai fini della terapia e della prognosi dei disturbi della alimentazione. Per quanto concerne la dimensione esplicativa, Fairburn sembra non preoccuparsene troppo, probabilmente in ossequio ad un atteggiamento pragmatico, finalizzato ad un approccio terapeutico fondato sul “qui ed ora”.Personalmente ritengo la dimensione esplicativa fondamentale per una piena comprensione dei disturbi della alimentazione. Pertanto ho lavorato, negli ultimi anni, per sviluppare un modello relativo alla eziopatogenesi di tali affezioni.
Il modello eziopatogenetico, da me adottato, si colloca nell’ambito dell’approccio complesso secondo il quale il determinismo dei disturbi psichiatrici e, quindi, anche di quelli della alimentazione, sarebbe riconducibile a una serie diversa di fattori. In particolare:
- vulnerabilità biologica
- parenting
- fattori culturali e sociali
- storia di sviluppo e crisi adolescenziale
- eventi traumatici
- aspetti personologici premorbosi
- eventi chiave scompensanti
- evoluzione del disturbo e fattori che lo influenzano
Nell’ambito del prossimo paragrafo esporrò sinteticamente questo modello, riportando anche i dati sperimentali e di letteratura che lo supportano. Come vedremo, sebbene i modelli complessi per la eziopatogenesi, per la bulimia e l’anoressia presentino numerosi aspetti comuni, tuttavia, alcune differenze esistono e vanno sottolineate anche per le loro implicazioni sul versante della terapia.
Un modello complesso della eziopatogenesi dei disturbi dell’alimentazione
Vulnerabilità biologica
La presenza di una vulnerabilità biologica, legata al genoma, per i disturbi della alimentazione, non costituisce ancora un dato definitivamente acquisito. Tuttavia una serie di elementi sembrerebbe dimostrare il legame di queste affezioni alla componente biologica e, quindi, genotipica, della persona. Una familiarità, sia nell’anoressia che nella bulimia, è stata dimostrata in percentuali oscillanti tra il 50% e l’80%, se si considera la presenza negli ascendenti di disturbi psichiatrici .Nei familiari ascendenti sono stati individuati, con notevole frequenza, non solo casi di disturbi alimentari ma anche disturbi dell’umore o disturbi da abuso di sostanze o obesità o abusi nell’ambito della sfera sessuale. La significativa, più alta concordanza per la anoressia nelle coppie di gemelli monozigoti (56%) rispetto a quella riscontrata nei gemelli dizigoti (5%) suggerisce una notevole predisposizione genetica per la anoressia mentale.
Parenting
Questo aspetto è stato descritto compiutamente, in ambito cognitivo. da Guidano e Liotti (1998) e successivamente approfondito notevolmente da Vittorio Guidano. I due Autori, rifacendosi anche ad una serie di studi, attuati da ricercatori dell’area sistemica, individuavano nel parenting disfunzionale, esperito dai pazienti che sviluppavano successivamente un disturbo alimentare, una aspetto cruciale della dinamica eziologica. Sia nella anoressia che nella bulimia Guidano e Liotti descrivevano il sistematico riscontro di gravi difficoltà emozionali che avevano contraddistinto il rapporto tra i pazienti e le figure di accudimento durante l’infanzia e l’adolescenza. Tali difficoltà sarebbero riconducibili, in entrambi i casi, ad un controllo strettissimo da parte dei genitori della dinamica emotiva dei figli, attuata tuttavia con modalità differenti. Nel caso dell’anoressia tale controllo sarebbe esercitato in modo aperto e palese, imponendo regole rigide, prescrizioni e divieti; nel caso della bulimia in termini più indiretti e nell’ambito di un rapporto invischiato e soffocante.
Successivamente Guidano (1987) precisava meglio le caratteristiche disfunzionali del parenting e della storia di sviluppo che sarebbero alla base dei disturbi della alimentazione, soffermandosi in modo particolare sui seguenti aspetti. L’ambiente familiare di questi pazienti avrebbe costituito un contesto nell’ambito del quale il riconoscimento e l’espressione genuina delle emozioni è assolutamente proscritto. I confini relazionali appaiono sfumati e prevale l’invischiamento.L’autostima, sempre problematica, richiede continue conferme dall’esterno che comunque i genitori non dispensano mai in termini chiari ed univoci. Si sviluppano presto atteggiamenti perfezionistici e di controllo.
Fattori culturali e sociali
Particolarmente presenti e pervasivi appaiono gli aspetti della cultura contemporanea legati alla proposta di modelli di magrezza e snellezza corporea. Alcuni Autori come Brunberg hanno individuato una serie notevole di dati oggettivi che avvalorano questa concettualizzazione. Tra questi, particolarmente rilevanti i seguenti:
- la pubblicazione massiccia di libri e periodici contenenti accenni marcati al conteggio ed al controllo delle, calorie dei cibi ingeriti;
- la pressione esercitata dalle industrie dell’abbigliamento che disegnano abiti particolarmente studiati per persone di taglia snella;
- l’industria cinematografica, ma soprattutto la televisione, un medium potente e pervasivo hanno sempre più insistentemente proposto l’idea che il successo sociale e la felicità in amore fossero connessi ad una figura snella;
- la sempre più assillante pressione all’esercizio fisico;
- la incongruente pressione a consumare cibi molto calorici quali snack e merendine, soprattutto come modalità vicaria atta a modulare le emozioni e conseguire uno stato d’animo positivo;
Appare evidente come obiettivo della prevenzione primaria debba esser quello di contrastare tali messaggi negativi e, se possibile, intervenire per ridurne la frequenza e l’intensità, specialmente nei confronti dei bambini.
Storia di sviluppo e crisi adolescenziale
Una prospettiva eziologica relativa alle modalità di sviluppo è stata proposta da Striegel-Moore. Questa Autrice si sofferma sul dato epidemiologico della notevole prevalenza di questi disturbi nel sesso femminile e della loro comparsa durante l’adolescenza. L’autrice americana sottolinea la notevole importanza che assumono nella donna i fattori relazionali legati ad una immagine fisica positiva ed attraente e la sua maggiore sensibilità ai modelli culturali dominanti. La progressiva diffusione ed imposizione di modelli di femminilità e successo sociale legati alla snellezza sarebbe alla base della maggiore vulnerabilità femminile nei confronti dei disturbi della alimentazione.
Per quanto riguarda i fattori specificamente connessi alla crisi adolescenziale, la Striegel-Moore enfatizza il ruolo negativo dell’eccessivo controllo familiare esercitato dai parenti all’inizio della adolescenza quando la ragazza deve sviluppare progressivamente un compiuto senso di autonomia. In questa prospettiva viene sottolineato che, nelle ragazze, il coinvolgimento emotivo e la dipendenza emozionale dai genitori è maggiore che nei ragazzi, inoltre il controllo genitoriale abitualmente è maggiore. I conflitti familiari che inevitabilmente si innescano nella fase adolescenziale provocano maggiormente nelle ragazze sensi di colpa e compromissione del senso di amabilità e di autostima In tal modo, proprio nella cruciale fase della riorganizzazione adolescenziale, vengono a determinarsi una serie di attitudini disfunzionali del Sé.
Eventi traumatici
La presenza di abusi sessuali e, in genere, di eventi traumatici, nella anamnesi di pazienti afflitti da anoressia e da bulimia, costituisce un dato abbastanza rilevante. Tuttavia alcune ricerche sembrerebbero suggerire che la frequenza di tali eventi sebbene superiore a quella della popolazione normale non supera tuttavia, in maniera statisticamente significativa quella riscontrata nella popolazione di pazienti psichiatrici.
Aspetti personologici premorbosi
Guidano, in modo particolare, nell’ambito della letteratura cognitiva, ha coerentemente descritto le caratteristiche di personalità dei pazienti che sviluppano in seguito un disturbo della alimentazione. Un aspetto cruciale, presente nei soggetti che svilupperanno un disturbo della alimentazione è una autostima problematica che può stabilizzarsi solo grazie ad un ricerca continua di conferme da parte di persone significative. Il rischio dei deludere tali persone e, quindi, di perdere il senso positivo di sé è sempre presente ed elevato. Poiché nelle famiglie di questi soggetti è attiva una drastica tendenza allo stigma nei confronti della grassezza ed una enfasi notevole sulla bellezza e l’armonia corporea, la preoccupazione di non essere accettati e di perdere l’approvazione dei familiari si focalizza prevalentemente sull’aspetto corporeo. Un altro aspetto fondamentale per Guidano è costituito dalla capacità di riconoscere ed attribuirsi le proprie emozioni e le sensazioni somatiche. Come si vede, nella concezione costruttivista di Guidano il senso di autostima problematico e l’atteggiamento perfezionistico sono messi in relazione alla presenza di modelli operativi interni sviluppati e mantenuti nell’ambito della relazione disfunzionale con figure genitoriali inadeguate.
In tal modo, quanto descritto da Fairburn, in termini astorici (qui ed ora) assume invece una chiara connotazione biografica, imputabile alle vicende dello sviluppo e una altrettanto chiara e rilevante enfasi relazionale che assume implicazioni importantissime ai fini del trattamento terapeutico.
Se si considera, infatti, che i disturbi della alimentazione si osservano spesso in adolescenti e in giovani che ancora vivono con i genitori, e ne continuano a subire quindi i pattern relazionali disfunzionali, non si capisce come si possa trascurare, sia nella concettualizzazione del caso clinico che nell’assessment e nella pianificazione del trattamento, questo aspetto cruciale.
Eventi chiave scompensanti
Costituiscono eventi chiave scompensanti tutte quelle situazioni che possono portare ad un aumento dell’ansia e ad un abbassamento del tono dell’umore con conseguente incremento dei problemi relativi all’autostima. Eventi in grado di comportarsi come trigger sono gli eventi di separazione e di perdita, le alterazione gravi della omeostasi familiare, nuove e drastiche richieste dall’ambiente, vulnera all’autostima quali un insuccesso scolastico. Un fattore cruciale nella anamnesi dell’anoressia è molto spesso l’inizio di una dieta finalizzata a regolarizzare un leggero sovrappeso.
Evoluzione del disturbo e fattori che lo influenzano
Il decorso dei disturbi della alimentazione è di solito ingravescente e, nella anoressia, può condurre anche alla morte per cachessia. Un aspetto importante da sottolineare per la sua rilevanza, ai fini della terapia, e l’istituirsi di circoli viziosi che tendono presto a stabilizzare il disturbo e, anzi, a renderlo progressivamente più grave.
L’approccio terapeutico cognitivo complesso
La prognosi dei disturbi della alimentazione resta a tutt’oggi severa e le metodologie terapeutiche ancora immature. Gli unici orientamenti terapeutici, in grado di vantare dati sperimentali convincenti, sono, per la bulimia nervosa, quello cognitivo-comportamentale e quello della psicoterapia Interpersonale. Per la terapia della anoressia non esistono ancora sufficienti evidenze sperimentali per nessuna tipologia di approccio psicoterapico mentre cominciano ad acquisirsi evidenze di un positivo risultato di approcci integrati nei quali l’aspetto cognitivo comportamentale e interpersonale viene associato a quello propriamente biologico e nutrizionale.
Negli ultimi anni, ho sviluppato, presso l’Unità di Psicoterapia Cognitiva e Riabilitazione, della Clinica Psichiatrica della Università di Catania, una serie di interventi terapeutici multimodali, di ispirazione cognitivista e complessa finalizzati alla terapia della bulimia, del disturbo della alimentazione caratterizzato dalla presenza di abbuffate e per l’anoressia mentale.
Il modello terapeutico, che ho elaborato, è strategicamente orientato, articolandosi in passaggi tattici, differenziati e flessibili, pianificati sulla base dell’assessment del singolo caso clinico, e scaturisce dal modello psicopatologico, psicobiologico e complesso precedentemente esposto e verificato nel corso di una serie di ricerche sperimentali (Scrimali, Grimaldi, Grasso, 1994).
I protocolli Fineo e Tantalo, rispettivamente finalizzati alla terapia della bulimia nervosa e della anoressia nervosa, comportano una serie di aspetti comuni e alcuni invece particolarmente studiati per gli specifici aspetti delle due differenti affezioni. In ogni caso è opportuno premettere che i protocolli sono multidimensionali, in quanto tengono conto dei diversi livelli di intervento biologico, psicologico relazionale e sociale.